Francesco l’ho conosciuto, perché andai a trovarlo a casa sua.
Lui non mi conosceva.
Sapevo che c’era un ragazzo che aveva fatto da poco il trapianto, proprio come me, e ci andai.
Pensavo che vedendomi potesse essere più sereno nel suo percorso di recupero e che potesse nascere una bell’amicizia
Fu così.
Lui all’inizio non capì il mio gesto, ma bastò poco perché nascesse tra di noi un legame fortissimo .
Avevamo bisogno l’uno dell’altro.
Io potevo capirlo e lui altrettanto.
Passavano i mesi e lui cominciò a riprendersi e a tornare alla sua vita.
Nel frattempo, alcuni miei controlli andarono male e dovetti ripartire per sottopormi a dei cicli di radioterapia.
Era preoccupato per me.
Io, invece, non aspettavo l’ora di finire e di tornare a casa dove tra le cose belle avrei trovato anche lui.
Arrivò l’estate, e spesso uscivamo insieme.
Si parlava di tutto, dalle cose più frivole, agli amici che non ce l’avevano fatta e che non erano più con noi.
Francesco era premuroso.
Ebbe un problema con le transaminasi, ma me lo disse quando era certo che non fosse niente di cui preoccuparsi.
Non voleva che stessi in pena per lui.
Quell’estate una delle esperienze più belle che abbiamo fatto insieme forse sono stati proprio quei 15 km di marcia a piedi alle 4 del mattino da Policoro alla madonna di Anglona.
Perché Francesco era un credente.
Insieme abbiamo fatto anche i volontari per sensibilizzare le persone alla donazione del sangue e del midollo osseo.
Capitava che la gente che ci dava poco retta, ma non ci importava.
Eravamo li e credevamo che dovessimo far qualcosa per i nostri amici, fratelli.
Il 22 settembre fu un altro giorno importante. Era la giornata nazionale di sensibilizzazione sulla donazione del midollo osseo.
Andammo a dare una mano a Paola che tanto si era spesa per la riuscita di quell’evento.
Eravamo in chiesa, a parlare. Lui non disse una parola.
Non riusciva a parlare con gli altri di quello che aveva passato, la sua è stata un esperienza troppo forte, e la custodiva intimamente dentro di se.
Ma ebbe il coraggio di essere li faccia a faccia ai ragazzi delle scuole, sapendo che solo la sua presenza era un messaggio formidabile sull’importanza della donazione del midollo osseo.
Sempre quella sera quella sera in piazza si aggirava una ragazza con la mascherina.
Quella stessa mascherina che si porta dopo aver fatto un trapianto, che io e lui conoscevamo bene.
Io ero girato e non l’avevo notata.
Lui mi fa: ”Giusè, c’è una di noi.”
Ed io non capivo, pensavo qualcuno dell’associazione, poi mi girai e capii.
Ci avvicinammo e fummo felici di accoglierla e di condividere le nostre esperienze
Poi venne la sera e la manifestazione volgeva a termine.
Quando si spengono telecamere e riflettori, purtroppo si rimane a lavorare sempre in pochi.
L’organizzatrice Paola, era rimasta praticamente sola, e la aiutammo.
Lui avvertiva già i primi dolori alla schiena.
Poi vennero i controlli che evidenziavano qualcosa ma gli approfondimenti ebbero esito incerto,
Passò ancora qualche mese e una sera ebbe una crisi forte, e fu operato d’urgenza.
Poi la diagnosi, nuovamente LEUCEMIA.
Ricordo il cenone di capodanno e quella bottiglia di spumante aperta insieme, con il tappo che rimbalzò nel suo bicchiere. Pensavo che fosse un segno benaugurante.
Una volta andai con lui a Rionero a fare la Radioterapia.
Anche in quelle occasioni provavamo a scherzare.
Mi spacciai come suo fratello per poter entrare con lui, la cosa lo divertiva.
Ma era stato un momento, perché i dolori, lo stress, la paura di non farcela cominciavano a farsi sentire.
In quelle situazioni si può perdere anche la testa.
Noi tutti non davamo peso al fatto che alcuni valori non risalivano, e pensavamo che il suo preoccuparsi fosse eccessivo.
Oggi possiamo dire che ebbe ragione lui.
Perché per colpa di quei maledetti valori, non ha potuto rispettare la tabella di marcia delle sedute di radioterapia e di conseguenza, le chemio che ha dovuto fare dopo erano di maggiore intensità.
Infatti le chemio lo hanno parecchio debilitato.
Nel frattempo anche i miei controlli non andavano bene e fui costretto a ripartire.
Ci salutammo con la promessa di rivederci e di essere forti.
Poi ci furono le complicazioni e la rianimazione.
Eravamo lontani ed erano momenti delicati.
Dalla rianimazione non potendo parlare volle una lavagnetta e scrisse che dovevano dirmi di non preoccuparmi per lui.
Lui si preoccupava per gli altri.
Era un generoso.
Anche per i suoi amici. Voleva aspettare di stare meglio per vederli per non dargli dispiaceri.
Riuscì a superare anche la rianimazione.
Non appena rientrai ci vedemmo e sembrava che il peggio fosse alle spalle.
Ad un concerto a Marconia con il gruppo musicale in cui suono gli dedicammo una canzone.
La canzone è Generale di De Gregori.
Mi piaceva, perché il testo parla della guerra finita, che si torna a casa.
Era il miglior augurio che potessi fargli.
Poi ci siamo visti qualche giorno fa.
Passai l’ultimo pomeriggio con lui e me ne andai sereno.
Si parlava di riabilitazione, e magari anche di passare la pasqua a casa.
Alla fine pensavo e mi illudevo che tutto si potesse risolvere.
Invece non è andata così.
Diverse volte ho visto negli occhi di Francesco la paura di non farcela.
Quella paura che veniva alleviata dall’onnipresenza di Maria e di Antonietta, che non lo lasciavano mai solo, neanche la notte.
Non credo che Gianluca o Antonietta si offendano se dico di essere qui per salutare un fratello.
Appena appresa la notizia della sua scomparsa ho iniziato a vagare per poi ritrovarmi alla processione del venerdì santo.
Pensavo al dolore della madonna, e penso che non sia più grande di quello che prova oggi Maria la mamma di Francesco.
La sofferenza è stata di Francesco, ma anche della sua famiglia.
Non gli è mai mancato l’affetto, i sorrisi e il calore di una famiglia unita dignitosa, composta, e piena d’amore, dai genitori ai fratelli, dai nipotini agli zii e ai nonni.
Francesco era una persona semplice, sensibile, umile, mite, educata e generosa.
Ha affrontato qualcosa di più grande di lui.
Ha passato momenti terribili.
Porterò Francesco nel cuore.
E sono sicuro che lo farete anche voi.
Con queste righe ho voluto dar voce a Francesco, che se ne è andato troppo presto.
So che molti, soprattutto gli amici, sono arrabbiati per come sono andate le cose e forse se la prendono anche con la divina provvidenza.
Il mio invito per loro, come per me è a pregare, a non inaridirsi, e a dare una direzione alla loro vita, a non scoraggiarsi, e a provarci sempre e di rispondere sempre, come dice il Papa, al male col bene proprio come ha fatto Francesco.
