Ho 25 anni. Fino ai 17 anni, il mio dolore più grande era stata la morte del mio gatto. Per carità, dolore rispettabilissimo, segno di una vita serena, per quanto in pieno sbalzo ormonale tipico delle adolescenti

Ora, invece, sono sette-otto anni che cerco ogni volta di rialzarmi, dopo l'ennesimo capitombolo. In questo momento non so se ce la farò.
Brevemente, molto brevemente: sono dalla parte del "famigliare", di quelli sani, che però pregano, se ancora credono, per poter prendersi su di sè la malattia di chi gli sta vicino.
Ho iniziato con mia madre, quando ero sono in quinta superiore, e un carcinoma polmonare se l'è portata via in nove mesi. Due anni dopo, mentre credevo di essermi ripresa, è stata la volta della bambina di mia sorella, di soli sette anni, colpita dalla LLA. Nel frattempo mia nonna materna, con un tumore al pancreas. La nonna guarisce in fretta, la bimba ci mette due anni, ma anche lei ce la fa. Dopo un altro anno, la nonna paterna, anche lei operata e guarita. Poi quest'anno un carissimo amico di famiglia, mangiato dal ca. polmonare in quattro mesi. Di nuovo la nonna paterna,, in attesa in questi giorni di un'altra operazione.
Ma quello che mi ha abbattuto, è stato sapere lo scorso venerdì che la bambina è in recidiva. Sono furibonda. La piccola ha sopportato quello che potete benissimo immaginare, per due anni, con tutte le difficoltà successive al rientro alle elementari e alla comprensibile apprensione dei suoi genitori. A settembre aveva appena iniziato le medie, era felice, studiava come una pazza per recuperare alcune lacune conseguenti ai lunghi ricoveri in ospedale, usciva con le amiche.
Oggi si ritrova nella sua stanzetta ad iniziare l'ennesima chemio, in attesa di avere maggiori notizie sul trapianto di midollo. E' furibonda lei, abbattuti i suoi, spaventato suo fratello. E io? Io ho passato tutto il giorno con lei ieri, facendo l'animatrice di villaggio, inventando mille art attack, accettando i suoi silenzi con serenità, fino a quando dopo un paio d'ore si è lasciata andare e ha iniziato a ridere, ridendo talmente tanto da farsi venire il singhiozzo :D
Io ne sono uscita spompata, letteralmente. Felice per le risate che ci siamo regalate, ma spompata. Ora, è ovvio che ho un sacco di domande, tra le altre sapere se durante la camera sterile sua madre potrà stare con lei ( io ho già accettato di doverla vedere attraverso il vetro, stile acquario, e mi sto programmando un pò di modi alternativi per comunicare), ma più che domande, c'è la rabbia.
Potrei uscire e prendere a martellate la prima macchina che mi strombazza. Un urlo represso in gola, che mi porta alla paralisi dei sentimenti e delle azioni. Per mia fortuna avevo già iniziato un percorso di psicoterapia per superare i vecchi traumi, e ora più che mai mi servirà.
Ma quello che i lacera è l'invidia. Perchè io mi guardo in giro, lavoro e studio nel sociale, mi interesso agli altri, ma non ho ancora capito perchè devo continuare a sopportare così tante mazzate, una di seguito all'altra. E sono invidiosa degli altri, di quelli che hanno una vita felice. Si, è vero che tutti hanno i loro problemi, e anche io nel mio piccolo posso considerarmi felice per l'affetto che mi circonda. Ma non ho ancora incontrato nessuno che abbia vissuto così pochi anni così tanto intensi, e mi fa rabbia.
E tutta questa invidia è sgradevole, lo so.