Stamattina la porta di casa non si apre, succede ogni tanto quando il legno si gonfia per l' umidità.
Allora bisogna tirare un po' e si riesce ad uscire. Il mio uscio di casa affaccia sulla tromba delle scale, sul
vuoto e m'è venuto un "flash" : il ricordo del Cavaliere del secchio che trova una porta aperta ma nessuno gli
risponde. Spesso è meglio una porta chiusa di una aperta sul "vuoto". Fa meno male, diciamo. Siamo di fronte
ad un Dio che non risponde. Quanto fa male l' indifferenza. Eppure continuiamo a cercare di "romperla", accanendoci
a cercare una parola, giustificando quel silenzio. Silenzio che si staglia davanti alla porta aperta, "chiudendola",
perché il silenzio è un muro, una parete che non si riesce a scalare. Cerchiamo un significato per quel tacere ma
non c'è, forse perché non c'è un senso e qui finiamo nei guai, perché come possiamo capire l' insensato ?
Non mi aiuta neanche il ricorso ai ricordi scolastici di filosofia, l' ermeneutica, perché questa serve ad
un pur minimo rinvenimento di "senso" ma se non c'è siamo in un territorio buio, con tutte le nostre domande senza
risposte. Cosa rimane da fare ? Ho scoperto recentemente che, mentre "uscivo" alla luce, negli stessi mesi, Celan
teneva una serie di lezioni all' Ecole sul tema dell' eterno vagare, del non trovare una destinazione ma comunque
del "dover viaggiare" anche se "eternamente sospesi". Con tutto il rispetto per lui non la trovo una cosa
fattibile, forse è un "eroismo" che costa "troppo", che è troppo "duro". Si sente un anelito di un posto sicuro dove
il non senso si faccia senso. Dove acquisire una familiarità che scacci quella brutta sensazione di "fuori posto"
data dall' indifferenza, davanti alla porta, che è un po' per tutti noi "Interiore Homine".
Allora ci viene la voglia di partire, di cercare, ma questo può finire in una ricerca ossessiva di una data meta ed
allora siamo da capo : partiamo per sfuggire ad un' ossessione ma durante il viaggio ci fissiamo su un' altra "cosa".
Non va bene, no no. Ora, il pensiero "ALTO", ed anche alcune recenti pubblicità che a questo si rifanno, ci hanno spiegato
che l' importante è il "viaggio" e non la meta. Sarà anche così ma questo può essere adatto a persone più intelligenti
di me, che abbiano una visione più "larga". Io sono una persona normale e questa "filosofia" non mi aiuta davvero.
"Parto" per trovare qualcosa, non altre domande ed altra indifferenza/sofferenza.
E dove andiamo noi "normali" quando le cose non vanno ? A "CASA". Dove ci aspettano sentimenti "conosciuti" e
tranquillizanti. Attenzione, però : quando si sta lontani per un po' ti viene dentro
quella paura di entrare che ti porta a restare sulla soglia, "inchiodato". Entriamo, invece, così che noi divenuti
"estranei" nel tempo che è passato, si possa tornare "di casa". Senza che ci avessimo pensato abbiamo fatto, nel
nostro piccolo, una modesta Teshuvah e di questo, almeno credo, si può e si deve essere contenti.
E' curioso che queste righe "escano" da una porta che non si apre e che avvenga proprio oggi.
Oggi è il 3 dicembre, sarebbe stato il compleanno di mia madre, e torno con questo piccolo pensiero su PP.
Lei avrebbe detto che non andava bene, che qualcosa non "filava" nella mia elucubrazione e mi avrebbe tirato fuori
qualcosa per confutarlo, magari aiutata da libri "satirici" e "sberleffanti" :-)
BUON COMPLEANNO ...
![Very Happy :-D](./images/smilies/icon_biggrin.gif)