LNH anaplastico a grandi cellule ALK+ di mia madre
Inviato: 18 mar 2022, 19:44
Salve a tutti. Vi leggo da qualche giorno ormai, ma solo oggi ho deciso di raccontare anch'io la mia storia, che in realtà non riguarda me ma mia madre.
Parto dall'inizio: a metà novembre 2021 a mia madre spunta una protuberanza sotto l'ascella destra, accade prima di andare a dormire e già da subito io, allarmata, cerco su internet le possibili cause. Consultato il medico, due giorni dopo ci rechiamo a fare un'ecografia. Risulta un linfonodo ingrossato di circa 35 mm e insieme ci sono altri due linfonodi più piccoli sempre sotto l'ascella destra. Il dottore prescrive a mia madre degli antibiotici e degli esami del sangue da effettuare. Consiglia anche una biopsia in caso di risultati degli esami dubbi. Con gli antibiotici sembra migliorare, ma in pochi giorni i linfonodi sono ancora lì.
La mia paranoia mi porta sempre a cercare su internet le possibili cause, ma vengo ingannata da un semplice sintomo: il dolore. Si, perché si tende a pensare che un linfonodo dolorante sia più una causa di infiammazione o infezione e raramente di qualcosa di più grave. Questo, mesi fa, mi aveva un po' tranquillizzata, ma ovviamente aspettammo i risultati degli esami perché sono più attendibili di internet.
I risultati arrivano i primi di dicembre. Tutto nella norma, anche i globuli bianchi che poco tempo prima erano più del normale, adesso erano regolari. Solo una cosa: positività alla mononucleosi. Ero contentissima, perché anche se da un lato è comunque un virus subdolo, dall'altro lato ero felice che non si trattasse di qualcosa di più grave. Dunque, il dottore ci dice di aspettare, che non si può fare niente contro la mononucleosi e che i linfonodi andranno via da soli. Quello che doveva fare mia madre era solo del sano riposo. E ovviamente, avendo avuto questo risultato, abbiamo deciso di non fare più la biopsia. Niente di più sbagliato, aggiungo adesso. Passa dicembre, natale e capodanno e arriviamo a gennaio. Nel frattempo mia madre non è migliorata affatto. Aveva sempre il dolore sotto al braccio, non poteva fare niente e le notti erano sempre insonni. Dunque, i primi di gennaio fa un'altra ecografia, anche perché sente dei linfonodi ingrossati anche al lato destro del collo, ma niente può farci pensare a qualcosa di terribile perché anche nella mononucleosi i linfonodi possono ingrossarsi ovunque.
Fatta l'ecografia, il medico si preoccupa e consiglia di operare chirurgicamente il linfonodo e di effettuare una biopsia. Sempre a gennaio, quindi, prenotiamo una consulenza chirurgica in una clinica a Foggia (siamo pugliesi). Il chirurgo nota del pus sotto l'ascella e ritiene sia una cosa normale e non preoccupante e ci penserà l'intervento a risolvere tutto. A fine gennaio viene effettuato l'intervento, nemmeno un giorno di ricovero e mamma torna a casa. L'infermiere che fa le medicazioni domiciliari nota ancora un rigonfiamento ma nei primi giorni mia madre sente il braccio più leggero. Qualche giorno dopo torniamo in clinica per la medicazione di routine e un dottore (non il chirurgo che ha effettuato l'operazione) si preoccupa per il forte rigonfiamento della ferita che si presenta proprio brutta da vedere. Ci dice che bisogna fare il ricovero immediato perché bisogna togliere un pezzo per effettuare l'esame istologico, anche perché nella prima operazione non era stato possibile effettuare questo esame. Mia madre resta in questa clinica cinque giorni, le fanno delle analisi e la tac, in cui notano linfonodi ingrossati sotto l'ascella destra, al collo su entrambi i lati, ma per il resto del corpo niente di anomalo. Questo ci fa fare un respiro di sollievo, ma tutta questa urgenza mi lascia con l'amaro in bocca e con una brutta sensazione che non riesce ad andare via, resta nello stomaco e si insinua nella mente: il dubbio che potrebbe essere qualcosa di peggio. Perché solo l'anno prima ho vissuto la perdita di una persona cara, giovane e che mi ha fatto capire quanto è fragile l'esistenza umana.
Passano i giorni e niente migliora, anzi, nei quindici, infiniti giorni in cui attendiamo la risposta dell'esame istologico mamma sta peggio, ha sempre la febbre alta che difficilmente riesce a scendere con la tachipirina e nota altri linfonodi all'addome e sotto l'ascella sinistra. La notte non si dorme per il dolore al braccio e la febbre alta. Rischio un esaurimento nervoso a causa dell'ansia e della paura, perché è da novembre che mamma non sta bene e non si risolve niente. Ci preoccupiamo moltissimo, abbiamo paura di aver dimenticato o sottovalutato qualche altro sintomo ma continuo a sperare in qualcosa di buono, perché mia madre ha sofferto molto nella vita e ha solo 51 anni e non mi capacito di vederla soffrire ancora di più.
Venerdì 4 marzo ci chiamano dalla clinica perché sono arrivati i risultati dell'esame istologico, ma ci dicono che bisogna ritirarlo il lunedì. Ho già mille domande in testa, ma mi convinco che non è qualcosa di brutto, perché altrimenti farci aspettare altri tre giorni per sapere i risultati?
È lunedì 7 marzo, io e mia sorella andiamo a ritirare l'esame istologico perché mia madre ha la febbre troppo alta per spostarsi. I dottori ci fanno sedere e ci dicono che è un linfoma e deve essere ricoverata immediatamente a San Giovanni Rotondo.
Inutile dire che per noi è una doccia fredda, so che capite, è una notizia che cambia la vita e il modo di vivere. Ma non c'è tempo per piangere o pensare. Torniamo a casa e andiamo di corsa a farla ricoverare, tutto mentre tentiamo di contattare un medico che ci hanno consigliato. Dapprima il medico non risponde, poi insisto e alla fine spiego tutto. Mi dice che per il ricovero deve fare il tampone (comprensibile visto che ha la febbre alta), riesce ad entrare e fanno tante analisi più tampone. Io e mia sorella restiamo ad aspettare in pronto soccorso mentre fuori fa freddissimo e nevica. Il tampone risulta negativo (ovviamente) e ci dicono che può fare il ricovero. Fanno tutto di fretta, analisi, tac e altro per iniziare subito la chemio perché il suo è un linfoma aggressivo. Ci dicono che bisogna aspettare e vedere come va, perché sotto al braccio ha ancora la ferita aperta per l'operazione e cercano di curarla contemporaneamente perché non si può aspettare e curare prima il braccio e poi fare la chemio.
Sono anche questi giorni infiniti. Lo shock per la notizia mi fa stare in un limbo, mi sento distaccata dal mio corpo, come se appartenesse ad un altra persona. Il solo pensiero di vedere mia madre soffrire mi fa stare male. Ma tutto questo dura solo qualche giorno. Lei adesso ha iniziato la terapia, è stata ricoverata per dieci giorni e ieri, 17 marzo 2022 è tornata a casa. Dicono che la ferita sotto al braccio è migliorata ma non possiamo ancora sperare, per quello bisogna attendere. Anche se ci dicono che stanno facendo le migliori cure che ci sono al momento.
Mamma adesso sta meglio rispetto a quando ha effettuato il ricovero, ma la paura è molta, soprattutto la paura di un ritorno di febbre o altro. Però adesso sento di poter affrontare questa diagnosi, perché io e mia sorella dobbiamo essere forti per lei. Tutto questo è stato possibile soprattutto grazie a questo forum. Leggervi in questi giorni mi ha dato un po' di forza ed è quella che ho intenzione di dare a mia madre.
Tra ventuno giorni farà il secondo ciclo di terapia e noi non possiamo fare altro che attendere. La paura resta molta, ma si va avanti.
Parto dall'inizio: a metà novembre 2021 a mia madre spunta una protuberanza sotto l'ascella destra, accade prima di andare a dormire e già da subito io, allarmata, cerco su internet le possibili cause. Consultato il medico, due giorni dopo ci rechiamo a fare un'ecografia. Risulta un linfonodo ingrossato di circa 35 mm e insieme ci sono altri due linfonodi più piccoli sempre sotto l'ascella destra. Il dottore prescrive a mia madre degli antibiotici e degli esami del sangue da effettuare. Consiglia anche una biopsia in caso di risultati degli esami dubbi. Con gli antibiotici sembra migliorare, ma in pochi giorni i linfonodi sono ancora lì.
La mia paranoia mi porta sempre a cercare su internet le possibili cause, ma vengo ingannata da un semplice sintomo: il dolore. Si, perché si tende a pensare che un linfonodo dolorante sia più una causa di infiammazione o infezione e raramente di qualcosa di più grave. Questo, mesi fa, mi aveva un po' tranquillizzata, ma ovviamente aspettammo i risultati degli esami perché sono più attendibili di internet.
I risultati arrivano i primi di dicembre. Tutto nella norma, anche i globuli bianchi che poco tempo prima erano più del normale, adesso erano regolari. Solo una cosa: positività alla mononucleosi. Ero contentissima, perché anche se da un lato è comunque un virus subdolo, dall'altro lato ero felice che non si trattasse di qualcosa di più grave. Dunque, il dottore ci dice di aspettare, che non si può fare niente contro la mononucleosi e che i linfonodi andranno via da soli. Quello che doveva fare mia madre era solo del sano riposo. E ovviamente, avendo avuto questo risultato, abbiamo deciso di non fare più la biopsia. Niente di più sbagliato, aggiungo adesso. Passa dicembre, natale e capodanno e arriviamo a gennaio. Nel frattempo mia madre non è migliorata affatto. Aveva sempre il dolore sotto al braccio, non poteva fare niente e le notti erano sempre insonni. Dunque, i primi di gennaio fa un'altra ecografia, anche perché sente dei linfonodi ingrossati anche al lato destro del collo, ma niente può farci pensare a qualcosa di terribile perché anche nella mononucleosi i linfonodi possono ingrossarsi ovunque.
Fatta l'ecografia, il medico si preoccupa e consiglia di operare chirurgicamente il linfonodo e di effettuare una biopsia. Sempre a gennaio, quindi, prenotiamo una consulenza chirurgica in una clinica a Foggia (siamo pugliesi). Il chirurgo nota del pus sotto l'ascella e ritiene sia una cosa normale e non preoccupante e ci penserà l'intervento a risolvere tutto. A fine gennaio viene effettuato l'intervento, nemmeno un giorno di ricovero e mamma torna a casa. L'infermiere che fa le medicazioni domiciliari nota ancora un rigonfiamento ma nei primi giorni mia madre sente il braccio più leggero. Qualche giorno dopo torniamo in clinica per la medicazione di routine e un dottore (non il chirurgo che ha effettuato l'operazione) si preoccupa per il forte rigonfiamento della ferita che si presenta proprio brutta da vedere. Ci dice che bisogna fare il ricovero immediato perché bisogna togliere un pezzo per effettuare l'esame istologico, anche perché nella prima operazione non era stato possibile effettuare questo esame. Mia madre resta in questa clinica cinque giorni, le fanno delle analisi e la tac, in cui notano linfonodi ingrossati sotto l'ascella destra, al collo su entrambi i lati, ma per il resto del corpo niente di anomalo. Questo ci fa fare un respiro di sollievo, ma tutta questa urgenza mi lascia con l'amaro in bocca e con una brutta sensazione che non riesce ad andare via, resta nello stomaco e si insinua nella mente: il dubbio che potrebbe essere qualcosa di peggio. Perché solo l'anno prima ho vissuto la perdita di una persona cara, giovane e che mi ha fatto capire quanto è fragile l'esistenza umana.
Passano i giorni e niente migliora, anzi, nei quindici, infiniti giorni in cui attendiamo la risposta dell'esame istologico mamma sta peggio, ha sempre la febbre alta che difficilmente riesce a scendere con la tachipirina e nota altri linfonodi all'addome e sotto l'ascella sinistra. La notte non si dorme per il dolore al braccio e la febbre alta. Rischio un esaurimento nervoso a causa dell'ansia e della paura, perché è da novembre che mamma non sta bene e non si risolve niente. Ci preoccupiamo moltissimo, abbiamo paura di aver dimenticato o sottovalutato qualche altro sintomo ma continuo a sperare in qualcosa di buono, perché mia madre ha sofferto molto nella vita e ha solo 51 anni e non mi capacito di vederla soffrire ancora di più.
Venerdì 4 marzo ci chiamano dalla clinica perché sono arrivati i risultati dell'esame istologico, ma ci dicono che bisogna ritirarlo il lunedì. Ho già mille domande in testa, ma mi convinco che non è qualcosa di brutto, perché altrimenti farci aspettare altri tre giorni per sapere i risultati?
È lunedì 7 marzo, io e mia sorella andiamo a ritirare l'esame istologico perché mia madre ha la febbre troppo alta per spostarsi. I dottori ci fanno sedere e ci dicono che è un linfoma e deve essere ricoverata immediatamente a San Giovanni Rotondo.
Inutile dire che per noi è una doccia fredda, so che capite, è una notizia che cambia la vita e il modo di vivere. Ma non c'è tempo per piangere o pensare. Torniamo a casa e andiamo di corsa a farla ricoverare, tutto mentre tentiamo di contattare un medico che ci hanno consigliato. Dapprima il medico non risponde, poi insisto e alla fine spiego tutto. Mi dice che per il ricovero deve fare il tampone (comprensibile visto che ha la febbre alta), riesce ad entrare e fanno tante analisi più tampone. Io e mia sorella restiamo ad aspettare in pronto soccorso mentre fuori fa freddissimo e nevica. Il tampone risulta negativo (ovviamente) e ci dicono che può fare il ricovero. Fanno tutto di fretta, analisi, tac e altro per iniziare subito la chemio perché il suo è un linfoma aggressivo. Ci dicono che bisogna aspettare e vedere come va, perché sotto al braccio ha ancora la ferita aperta per l'operazione e cercano di curarla contemporaneamente perché non si può aspettare e curare prima il braccio e poi fare la chemio.
Sono anche questi giorni infiniti. Lo shock per la notizia mi fa stare in un limbo, mi sento distaccata dal mio corpo, come se appartenesse ad un altra persona. Il solo pensiero di vedere mia madre soffrire mi fa stare male. Ma tutto questo dura solo qualche giorno. Lei adesso ha iniziato la terapia, è stata ricoverata per dieci giorni e ieri, 17 marzo 2022 è tornata a casa. Dicono che la ferita sotto al braccio è migliorata ma non possiamo ancora sperare, per quello bisogna attendere. Anche se ci dicono che stanno facendo le migliori cure che ci sono al momento.
Mamma adesso sta meglio rispetto a quando ha effettuato il ricovero, ma la paura è molta, soprattutto la paura di un ritorno di febbre o altro. Però adesso sento di poter affrontare questa diagnosi, perché io e mia sorella dobbiamo essere forti per lei. Tutto questo è stato possibile soprattutto grazie a questo forum. Leggervi in questi giorni mi ha dato un po' di forza ed è quella che ho intenzione di dare a mia madre.
Tra ventuno giorni farà il secondo ciclo di terapia e noi non possiamo fare altro che attendere. La paura resta molta, ma si va avanti.