Pet e Tac, benefici e rischi

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francesca
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Pet e Tac, benefici e rischi

#1 Messaggio da francesca »

Riporto quest'articolo del Corriere, dal momento che proprio oggi nel forum è stato trattato questo tema!!!!
Ecco il link:

http://www.corriere.it/sportello-cancro ... 5/tc.shtml

Libro Bianco dell’Associazione radiologi americani contro gli eccessi Dagli Stati Uniti un appello: «Ridurre le Tac»
Negli Usa gli esami diagnostici che utilizzano radiazioni sono cresciuti del 600% negli ultimi 25 anni, con qualche rischio per la salute.
MILANO - Se negli ultimi anni le curve di mortalità da tumore hanno subito un brusco rallentamento lo si deve anche, in misura significativa, agli straordinari progressi offerti dalla tecnologia e, in primi luogo, dagli sviluppi della diagnostica per immagini. Oggi infatti è possibile, tramite esami quali la TC (Tomografia Computerizzata, una sigla che ha preso il posto della “vecchia” TAC), la PET (Tomografia a emissione di positroni), la risonanza magnetica e le molte applicazioni specifiche e combinazioni delle diverse tecniche esistenti, diagnosticare una neoplasia quando è ancora in fase molto precoce, e poi pianificare la cura in modo personalizzato, seguendone nel tempo l’efficacia e modificando gli schemi non appena ci si accorge che qualcosa (in meglio o in peggio) è cambiato.
Tutto ciò, tuttavia, ha un prezzo, perché la maggior parte dei test più efficaci comporta una certa emissione di radiazioni ionizzanti, che, secondo il parere dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della maggior parte delle autorità sanitarie mondiali, arrecano danni al DNA e, se vengono ripetute in modo massiccio, possono favorire l’insorgenza di tumori. Per questo si moltiplicano gli appelli per un utilizzo molto attento della diagnostica radiologica: se infatti, a fronte di una neoplasia, i vantaggi provenienti da un esame accurato quasi sempre superano di gran lunga i potenziali pericoli, lo stesso non si può dire nel caso di test inutili, consigliati solo in base a sospetti vaghi oppure ripetuti troppo spesso.
L’associazione dei radiologi americani, preoccupata da alcuni dati (ad esempio, dal 1980 al 2005, solo negli Stati Uniti, gli esami con radiazioni sono cresciuti del 600 per cento e l’esposizione della popolazione generale alle radiazioni ionizzanti provenienti da analisi mediche ha superato quella derivante dalle sorgenti di radioattività naturale), nelle scorse settimane ha pubblicato un Libro Bianco, per spingere tutti coloro che, a vario titolo, sono coinvolti in un esame (medici di base, specialisti, tecnici, fisici sanitari, costruttori e pazienti) a evitare atteggiamenti troppo disinvolti.
Nel libro si suggeriscono diversi interventi per mantenere i rischi entro limiti accettabili: per esempio, si invitano i dirigenti delle strutture sanitarie a dedicare molta attenzione alla formazione del personale, ai controlli tecnici, alla corretta informazione del paziente e a una pianificazione oculata e graduale delle procedure, in modo da giungere a un test radiologico solo quando altri esami non hanno dato risposte chiare.
E in Italia com’è la situazione? I pazienti dei nostri ospedali, e soprattutto quelli oncologici, possono stare un po’ più tranquilli, rassicura Emilio Bombardieri, direttore del Dipartimento di diagnostica per immagini e radioterapia dell’Istituto dei tumori di Milano: «L’Italia - dice - ha varato nel 2000 la legge 187, una delle più severe in materia, che prevede anche sanzioni penali per i medici che non applicano il principio di appropriatezza. Così, quando arriva da noi specialisti un malato al quale il medico di base ha prescritto una TC o un altro esame radiologico, dobbiamo verificare se davvero non ci sono altre analisi da eseguire prima, se la persona ne ha già fatte altre nei mesi precedenti, e deve essere ben chiaro che cosa si va a cercare con quel test e così via».
Restano, in ogni caso, alcuni punti dolenti, e in particolare quello del consenso informato, ovvero la spiegazione al paziente dei pro e dei contro della procedura che gli viene proposta, un aspetto che nel settore della diagnostica è particolarmente delicato. Secondo diverse rilevazioni, infatti, vi sono medici non specialisti che confondono test che impiegano radiazioni come la TC e la PET e altri, come la risonanza magnetica e l’ecografia, che non usano raggi ionizzanti, oppure sottostimano il quantitativo di raggi somministrati, per esempio mostrando di non sapere che una TC del torace equivale a 500 lastre a raggi X. Ma il problema della disinformazione, nel caso dei malati oncologici, è meno presente, rispetto ad altri settori della medicina. «In oncologia - spiega Emilio Bombardieri - le radiazioni sono uno strumento fondamentale di diagnosi ma anche di cura. Per questo, chi opera nel settore ha una formazione approfondita ed è in grado di rendere il paziente partecipe delle scelte che riguardano la sua salute. Detto ciò, è comunque compito della comunità scientifica non abbassare mai la guardia verso ogni utilizzo distorto di apparecchiature così diffuse e così importanti per i malati».
Agnese Codignola
25 settembre 2007
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